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PRESENTAZIONE

La Repubblica delle due Sicilie

di
Nino Lo Iacono

Nel presentare questo ricercato e illuminato saggio di Nino Lo Iacono mi preme, innanzitutto, sottolineare la semplicità e l’arguta intelligenza con la quale l’autore affronta una tematica controversa e dibattuta, tracciando un excursus storico capillare ed immediato della Sicilia del Risorgimento, del tessuto sociale e della sua gravosa condizione economica.

La narrazione procede chiara e scorrevole, non assistiamo ad un racconto pedante e sommario; notevole è l’attenzione per ogni particolare, citazione, riferimento cronologico e nota biografica.

Nulla è lasciato al caso ma tutto è curato minuziosamente, dalla forma al contenuto.

Leggendo le appassionate pagine di questo libro, ripercorriamo con l’Autore, la speranza, il miraggio e la conseguente disillusione di tutti quei siciliani, quegli impetuosi “scugnizzi” che amavano ardentemente la loro terra e che per inseguire un ideale o il “presunto liberatore”, persero la vita.

Rabbrividiamo di fronte al racconto delle innumerevoli uccisioni, di quel sangue innocente versato inutilmente e spesso gratuitamente, di quei processi sommari e delle conseguenti sentenze di morte.

Con profondo sconcerto, leggiamo della nascita delle prime organizzazioni mafiose e delle corrotte e immorali personalità politiche.

Nonostante la tematica svolta, non sia delle più “leggere”, la narrazione non è mai “gravosa” e monotona. Lo Iacono dà voce alla gente, lascia che siano i protagonisti del suo libro a raccontare e a scrivere la “storia”.

Nobili corrotti nella mente e nello spirito; arrivisti e calcolatori; aristocratici gentili ed estimatori del lavoro altrui; anime pure in cerca di amore e di rispetto, fanno da cornice alla difficile e sofferta unificazione del Regno delle due Sicilie.

Vi lascio con una riflessione che Lo Iacono affida alla voce del suo personaggio più schietto ed onesto: il barone La Picuzza. “Le cose belle non bisogna abbandonarle; come la libertà, quella vera, quella nata qui in Sicilia, almeno nel cuore dei siciliani; quella era la vera libertà. Ma chi se n’è accorto? Eravamo in pochi a volerla tenere qui in questa terra, invece ci siamo ubriacati con le chiacchere di Garibaldi che ci ha fatto vedere una parvenza di libertà effimera; una meteora che nessuno di noi è riuscito a trattenere. Ce la siamo fatta portare via dagli arrivisti di sempre, dagli opportunisti del tempo, dagli sciacalli, dai camaleonti. Povera terra mia, chissà se i miei nipoti avranno la fortuna di goderti veramente libera”.

Uno spunto di riflessione e un monito per tutti i giovani che hanno l’obbligo di andare alla ricerca delle radici storiche della propria terra che devono imparare a conoscerla, ad apprezzarla e, in un moto di ribellione, a difenderla dai tanti detrattori.

Devono sviluppare una coscienza civica ed impegnarsi attivamente, a partire dal contesto scolastico, per tenere alto il nome della loro amata Sicilia.